Rapporto Paese Turchia 2019

Rapporto Paese

  • Turchia
  • Generale

15 ottobre 2019

A causa della recente recessione economica, la situazione del rischio di credito di alcuni importanti settori industriali si è deteriorata e si prevede un aumento delle insolvenze

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Situazione politica

Un nuovo sistema presidenziale dal 2018

Con la vittoria delle elezioni presidenziali del giugno 2018 al primo turno, il
presidente Erdogan ha consolidato il suo potere schiacciante, poiché con questa
votazione si è completata la transizione verso il nuovo sistema presidenziale.
Nelle elezioni parlamentari del giugno 2018, l’alleanza dell’AKP di Erdogan con
il partito nazionalista MHP ha ottenuto il 53,7% dei voti. Nelle elezioni locali di
marzo 2019, l’AKP si è confermato il partito più votato, ma il partito CHP all’opposizione
si è aggiudicato le amministrative in diverse città di grandi dimensioni.


Le divisioni politiche all’interno della Turchia perdurano e nella parte sud-orientale
del paese si avvertono tuttora le ripercussioni della guerra civile in Siria e
degli interventi transfrontalieri dell’esercito turco. I rapporti con i partner occidentali
(UE e USA) rimangono tesi

 

Situazione economica

Gli effetti della crisi valutaria e della conseguente stretta
creditizia

Il PIL reale è sceso considerevolmente nel secondo semestre del 2018, con un
brusco deprezzamento della valuta a cui è seguita l’inevitabile stretta creditizia.
Sebbene nel primo e nel secondo trimestre del 2019 sia cresciuta nuovamente
su base trimestrale, l’economia fatica ancora rispetto all’anno precedente (calo
dell’1,5% su base annua nel secondo trimestre).

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Nonostante la fine di una recessione tecnica, quest’anno la crescita economica
dovrebbe stabilizzarsi. Il forte aumento della disoccupazione e il livello elevato di
inflazione hanno avuto come risultato la riduzione dei consumi privati nel secondo
trimestre del 2018 e all’inizio del 2019. Da allora, i consumi delle famiglie
hanno ritrovato un modesto slancio, ma la contrazione degli investimenti fissi
è proseguita; le imprese devono corrispondere tassi di interesse elevati per i
prestiti e stentano di fronte all’impatto del valore più elevato della valuta locale
sui rimborsi dei debiti esteri. Altri due fattori che gettano un’ombra sul clima imprenditoriale turco sono l’incertezza geopolitica e il deterioramento della qualità
istituzionale

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Detto questo, le esportazioni nette puntellano l’economia sulla scorta di una lira
debole e di una domanda di importazioni ridotta. Inoltre, il recente rilassamento
della politica monetaria fornirà sostegno alla domanda interna. Nel 2020 si
preannuncia una ripresa economica modesta.

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Difficoltà per le industrie e aumento considerevole delle
insolvenze

A causa della recessione economica, la situazione del rischio di credito e i risultati
economici di molte industrie sono peggiorati; per questo, si prevede che le
insolvenze delle imprese aumenteranno di circa il 10% nel 2019.
I ritardi nei pagamenti e le probabilità di default sono in aumento nel comparto
edilizio e dei materiali da costruzione a causa di una significativa sovracapacità,
dell’incremento dei costi dei materiali, degli elevati tassi di interesse per i prestiti
e del credito in calo per l’acquisto di immobili. Il rischio di credito è aumentato
nel settore delle vendite al dettaglio, compresi i comparti dei prodotti tessili e
della moda. Sovracapacità, capitale proprio scarso, domanda interna ed esterna in diminuzione e concorrenza dall’Estremo Oriente sono all’origine di congestioni
in termini di liquidità per i dettaglianti e i distributori. La quota di crediti
bancari in sofferenza in questo settore ha oltrepassato l’8%.

L’industria dell’auto, alle prese con una domanda interna debole, un’inflazione
alta e tasse più elevate, registra una riduzione della produzione sia di veicoli sia
di parti di ricambio. Le aziende dei settori delle plastiche e dei metalli si sono
rivelate estremamente vulnerabili alle insolvenze negli ultimi tre anni e la situazione
in termini di liquidità rimane generalmente fragile. Il settore delle ITC è
esposto a un rischio di credito superiore alla media a causa dei prezzi maggiorati
delle importazioni e della domanda dei consumatori in calo.

Le finanze statali sono ragionevolmente solide, ma incombono diversi rischi

Nel 2019 e nel 2020, il disavanzo pubblico dovrebbe superare il 2% del PIL, nel
tentativo del governo di stimolare l’economia. Il livello del debito pubblico
salirà leggermente, assestandosi attorno al 30% del PIL, ma ciò non tiene conto
di sostanziose passività potenziali, quali le garanzie statali sui prestiti relative a
programmi precedenti di incentivazione dei prestiti.

Il profilo del debito pubblico è relativamente favorevole, con una maturazione media di 6,3 anni e una quota elevata a tassi fissi. Tuttavia, dato che quasi la metà del debito pubblico è denominata in valuta estera, questa situazione influisce sul rischio di default sovrano.
L’emissione di nuovo debito è inoltre diventata più costosa, e il rendimento
dei titoli di Stato turchi a 10 anni ha superato il 20% in più di un’occasione.

Nonostante un certo ribilanciamento esterno, la volatilità dei tassi di cambio rimane un serio rischio

La notevole riduzione del disavanzo delle partite correnti è la prova di un certo
assestamento economico. Le esportazioni hanno tratto vantaggio dalla debolezza
della lira turca, mentre la domanda di importazioni ha subito un brusco calo. Il
recente allentamento delle condizioni monetarie negli Stati Uniti potrebbe
agevolare la ripresa degli afflussi di portafoglio in Turchia.


Le esigenze annue di finanziamento esterno rimangono tuttavia elevate, al
22,5% del PIL, perché consistono principalmente di obblighi di rimborso bancari
a breve termine, mentre la riduzione della leva finanziaria nel primo trimestre
del 2019 è stata ostacolata da una spinta ai prestiti determinata dallo Stato in
vista delle elezioni locali. L’afflusso di investimenti esteri diretti si conferma debole
e le riserve in valuta estera, in calo, sono in grado di coprire soltanto il 40%
delle esigenze di finanziamento esterno.


Pertanto, l’economia a bassi risparmi della Turchia resta estremamente vulnerabile
ai periodi di fuga di capitali. Dopo aver subito una considerevole svalutazione
nel 2018, la lira si è rapidamente ripresa, ma ha mostrato nuovamente
tutta la sua debolezza in vista delle elezioni locali di marzo 2019. Oltre ai timori
relativi ai molteplici rischi geopolitici e al livello delle riserve in valuta estera,
inferiore a quanto indicato dai dati ufficiali, le perplessità in merito all’indipendenza
della Banca Centrale rappresentano un grave problema. Il governo ha
ripetuto più volte la propria convinzione (poco ortodossa) che tassi di interesse
elevati provochino livelli elevati di inflazione e ha serrato ulteriormente la sua
presa sulla politica monetaria. A luglio, la Banca Centrale ha diminuito il tasso
di interesse di 4,25 punti percentuali e si è ripetuta a settembre, abbassandolo
di altri 3,25 punti percentuali, indicando un miglioramento dell’inflazione e
un miglioramento moderato dell’attività economica. Al fine di ridare slancio ai prestiti bancari sono state annunciate misure supplementari, tra cui la riduzione
del coefficiente di riserva richiesto per le banche con una crescita in termini di
prestiti fra il 10 e il 20%.


Persistono tuttavia i timori relativi a un nuovo ciclo di svalutazione della valuta/
inflazione elevata che potrebbe essere avviato da eventuali tagli di un certo
peso ai tassi di interesse.

Un’ulteriore svalutazione della lira aumenterebbe la pressione sulle imprese private, già fortemente indebitate

Nonostante un recente calo, il livello del debito estero, contratto principalmente
dal settore privato (banche e aziende), continua a essere elevato, al 185% delle
esportazioni nel 2019. Le imprese turche, soprattutto nei settori dell’energia, dei
materiali da costruzione, dell’acciaio, dei trasporti (linee aeree) e dei prodotti
chimici, hanno contratto ingenti prestiti in valuta estera dalle banche locali.
Talune aziende hanno ristrutturato il proprio debito estero e l’onere del servizio
del debito è diminuito, ma le passività rimangono elevate e suscettibili al tasso
di interesse, al rinnovo e ai rischi del tasso di cambio.

Il sistema bancario finora è stabile, ma sensibile al rischio di rifinanziamento

Finora, il settore bancario turco è stato in generale ben regolamentato e
capitalizzato. Le banche turche non sono esposte direttamente al rischio del
tasso di cambio, perché non hanno il permesso di avere posizioni aperte considerevoli
in valuta. Tuttavia, potrebbero essere colpite indirettamente da un
altro forte deprezzamento della lira, tramite un numero maggiore di prestiti in
sofferenza o difficoltà di rifinanziamento dell’ingente importo di finanziamenti
in valuta estera a breve termine su cui fanno affidamento per l’erogazione del
credito interno.


La quota di crediti in sofferenza è salita al 4,6% dal 3,0% di un anno fa, mentre
vengono effettuati accantonamenti per circa il 70% di questi prestiti. Tuttavia,
l’accesso delle banche ai finanziamenti esteri a breve termine ha perso solidità,
perché le misure politiche non ortodosse adottate dalla Banca Centrale al fine di
arrestare la volatilità dei tassi di cambio hanno deteriorato la fiducia nel sistema
finanziario turco (in vista delle elezioni locali di marzo 2019, la Banca Centrale
ha sospeso temporaneamente le aste di liquidità, intrappolando gli investitori
internazionali in posizioni di lira sfavorevoli).

Restrizioni strutturali per una maggiore crescita a lungo termine

Senza un impegno di riforma globale che vada al di là della soluzione dei
problemi a breve termine, la futura capacità di profittabilità dell’economia turca
è limitata da squilibri macroeconomici collegati a una forte espansione del credito,
un’inflazione elevata e un consistente deficit estero, associati a questioni
strutturali correlate a un tasso di risparmio modesto e a debolezze in termini
di competitività, che limitano l’afflusso degli investimenti esteri diretti.

Il clima per gli investimenti è inoltre obnubilato da un sistema giudiziario debole e da un
mercato del lavoro non flessibile. Anche le azioni finalizzate alla privatizzazione
delle banche statali e nel settore energetico procedono a rilento. Senza riforme
strutturali volte ad aumentare i risparmi, ridurre la dipendenza dalle importazioni
di energia e migliorare il clima per gli investimenti, il tasso di crescita
potenziale della Turchia diminuirà al 3-3,5% l’anno, ovvero un risultato che non
consentirà di assorbire l’aumento della popolazione in età lavorativa di circa un
milione di persone l’anno.

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