Il numero di fornitori che devono affrontare uno stato di insolvenza aumenterà ulteriormente nei prossimi 2-3 anni, poiché molti avranno difficoltà ad adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato.
- Produzione e vendite risentono dell’incertezza legata alla Brexit
- Aumento previsto delle insolvenze nel 2019 e 2020
- I pagamenti richiedono in media 60 giorni
L’andamento del settore automobilistico britannico ha registrato un peggioramento negli ultimi 12 mesi. Vi sono importanti sfide all’orizzonte e la situazione di rischio di credito è peggiorata a partire dalla fine del 2018. Per questa ragione, lo scorso mese di maggio abbiamo rivisto la nostra valutazione dell’andamento del settore (in discesa da “Discreto” a “Cupo”).
Secondo i dati dell’OICA (l’Organizzazione internazionale di costruttori di veicoli a motore), nel 2018 la produzione del settore automobilistico britannico ha registrato una contrazione dell’8,3%, a cui è seguito un ulteriore calo del 20,1% nella prima metà di quest’anno (causato in parte alla chiusura di molti stabilimenti lo scorso mese di aprile nel timore di un’uscita del Regno Unito dall’UE a marzo).
Secondo l’associazione ACEA, nel primo semestre del 2019 il numero di nuove immatricolazioni di autovetture e veicoli commerciali nel Regno Unito è sceso rispettivamente del 6,8% e del 9,5%, mentre le esportazioni hanno registrato una flessione del 21% nonostante la debolezza della Sterlina. L'export rappresenta circa l'80% della produzione, di cui la quota maggiore è destinata al mercato dell'UE (53% delle esportazioni nel 2018).
Il deprezzamento della Sterlina, iniziato all’indomani dell'esito del referendum sulla Brexit, ha fatto aumentare i costi per l’importazione di veicoli e componenti. Circa l’82% dei veicoli venduti sul mercato interno e il 60% dei componenti automobilistici sono importati dall’UE. La riduzione delle nuove immatricolazioni impone a concessionari e produttori l’esigenza di assorbire parte dell'aumento dei costi, con un impatto negativo sui loro margini di profitto.
L’andamento negativo di produzione e vendite è legato alla debolezza della domanda sul mercato interno ed estero (Europa e Asia), ai cambiamenti dei modelli di business, alla continua contrazione delle vendite di veicoli diesel, all’incertezza legata ai piani di riduzione delle emissioni e all’esito della Brexit. Le prospettive per i prossimi mesi si confermano incerte. Lo spettro della Brexit continua a pesare sul livello di fiducia di consumatori e imprese del Regno Unito; inoltre, non si prevede una ripresa a breve termine per quanto riguarda i mercati del settore automobilistico in Europa e Cina.
Aumento della pressione sui costi da parte dei produttori OEM
Prevediamo un ulteriore aumento di ritardi di pagamento e insolvenze nei prossimi 12 mesi, con un incremento dei fallimenti di circa il 7% soprattutto a carico dei piccoli fornitori e concessionari. La contrazione delle vendite di veicoli sul mercato interno sta avendo ripercussioni sui margini di profitto dei nuovi concessionari che, in alcuni casi, hanno dovuto adottare strategie di riorganizzazione e ridimensionamento. Il calo della produzione ha già avuto un impatto negativo sui fornitori, soprattutto su quelli che avevano investito nell'espansione degli stabilimenti confidando che la crescita sarebbe proseguita.
Le prospettive sono particolarmente allarmanti per i piccoli fornitori di 2° livello poiché molti produttori OEM stanno effettuando la transizione dai modelli con motore a combustione ai veicoli elettrici. Jaguar Land Rover ha annunciato un importante progetto di riduzione dei costi, mentre Ford e Honda chiuderanno degli stabilimenti rispettivamente nel 2020 e 2021. Ciò avrà conseguenze negative sui fornitori, molti dei quali stanno già confrontandosi con una contrazione dei margini di profitto.
Alla luce del fatto che i produttori OEM cercheranno di raggiungere delle sinergie dal punto di vista dei costi, sono soprattutto i produttori di componenti generici a rischiare un aumento della pressione sui prezzi. Prevediamo che il numero di casi d’insolvenza da parte dei fornitori registrerà un ulteriore aumento nei prossimi 2/3 anni poiché molti di loro, di fronte alle sfide in termini di innovazione e liquidità, avranno difficoltà ad adattarsi alle mutevoli condizioni di mercato. Alla luce dell'andamento negativo, i finanziatori esterni adotteranno un approccio più restrittivo e richiederanno un numero crescente di garanzie. Il supporto da parte del Governo (sotto forma di sovvenzioni e garanzie) non è affatto scontato tenuto conto che molti altri settori industriali britannici avranno necessità di supporto, soprattutto nel caso di una “hard Brexit".
I rischi al ribasso legati a una “hard Brexit”
Le reali implicazioni della Brexit per il settore restano ancora incerte. La scelta di una "hard Brexit" (che sancirebbe la fine dell'accesso all'unione doganale e al mercato unico) in assenza di eventuali accordi transitori avrebbe un impatto significativo sui produttori e fornitori determinando maggiori costi ed oneri per un settore già in crisi. Secondo le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), vi sarebbe una tariffa doganale del 10% sui veicoli e del 4,5% sui componenti. L’introduzione di controlli doganali ostacolerebbe la consegna puntuale dei pezzi provenienti dai fornitori dell’UE e potrebbe portare a scorte più elevate facendo lievitare i costi poiché, in media, le automobili realizzate nel Regno Unito contengono il 60% di componenti importati dall’UE. Le case automobilistiche estere con stabilimenti nel Regno Unito potrebbero registrare una contrazione dei profitti e una riduzione del valore delle attività.
Al momento il nostro approccio assicurativo si conferma neutro nel caso dei produttori OEM e di 1° livello, ma più restrittivo per quanto riguarda i segmenti dei fornitori di 2° livello e dei concessionari. La decisione di una "hard Brexit" potrebbe comportare un riesame completo del nostro approccio assicurativo. Resta inoltre il timore che eventuali dazi punitivi da parte degli USA sulle importazioni di autovetture potrebbero avere ripercussioni sulla performance del settore poiché la quota di export dell’industria automobilistica britannica destinata agli Stati Uniti è pari a circa il 18%.
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