Le insolvenze sono in aumento e le debolezze strutturali oltre all'impatto negativo delle sanzioni sulla produttività e sugli investimenti pesano sull'espansione economica.
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Situazione politica
In politica interna si segue la linea della continuità
Nel marzo 2018 Vladimir Putin ha ottenuto il quarto mandato come presidente
della Russia, conquistando il 77% dei voti. Il sentimento nazionalista si è rafforzato
dopo lo scoppio della crisi ucraina e l’annessione della Crimea nel 2014,
sostenuto da una propaganda aggressiva condotta dai media controllati dallo
Stato. Tuttavia, a seguito dell’annuncio dell’amministrazione, nel giugno del
2018, di innalzare l’età pensionabile, gli indici di gradimento del governo sono
scesi ai livelli precedenti al 2014.
Le relazioni con l’Unione Europea e gli Stati Uniti restano tese
Dopo lo scoppio della crisi ucraina all’inizio del 2014, le relazioni della Russia
con l’Unione europea e gli Stati Uniti sono progressivamente deteriorate.
L’intervento della Russia nella guerra civile in Siria ha aggiunto un’altra area di
conflitto a relazioni già di per sé tese.
L’annessione della Crimea da parte di Mosca nel marzo 2014 e il suo tacito
sostegno alle forze separatiste nell’Ucraina orientale hanno innescato diversi
cicli di sanzioni da parte dell’UE e degli USA, principalmente sotto forma di:
- beni congelati,
- divieti di viaggio per i cittadini russi e gli abitanti della Crimea,
- restrizioni di finanziamento a lungo termine che limitano l’accesso ai
- mercati dei capitali di UE e Stati Uniti per le principali banche russe e per
alcune imprese del settore petrolifero e della difesa, - nonché restrizioni all’esportazione di taluni tipi di prodotti verso la Russia,
- comprese le tecnologie a duplice uso e le attrezzature high-tech
per l’industria petrolifera.
Situazione economica
L’aumento dell’IVA e le sanzioni ostacolano la crescita
L’economia russa dipende sempre fortemente dalle esportazioni di petrolio e
gas, che rappresentano il 57% delle esportazioni totali e circa il 45% delle entrate
del governo federale. La crescita del PIL preannuncia un rallentamento, dal
2,3% del 2018 all’1% circa nel 2019, causato dall’aumento dell’IVA dal 18 al 20%
e dal conseguente rialzo dell’inflazione. Inoltre, le debolezze strutturali e le conseguenze
negative delle sanzioni sulla produttività e sugli investimenti continuano
a pesare sull’espansione economica. Le insolvenze dovrebbero aumentare
del 4% nel 2019, colpendo soprattutto le aziende, interessate direttamente dal
calo del potere d’acquisto dei consumatori.
Nel 2020, le previsioni per il PIL indicano una crescita inferiore al 2%; l’ulteriore
inasprimento delle sanzioni o l’escalation delle tensioni geopolitiche costituiscono
altri rischi al ribasso. La domanda interna continuerà a sostenere la
crescita, ma la riduzione dei salari reali ostacola l’espansione. La Banca Centrale
ha ridotto il tasso di interesse di riferimento in più occasioni durante il 2019, a
potenziale vantaggio dei prestiti. Tuttavia, uno shock dei prezzi del petrolio al
ribasso o eventuali sanzioni supplementari imposte da UE e USA potrebbero
spingere la Banca Centrale a irrigidire nuovamente la politica monetaria al fine
di attenuare la conseguente svalutazione del rublo.
Gli investimenti sono sempre limitati dalle sanzioni internazionali e dalla continua
incertezza commerciale e rimarranno fortemente dipendenti dalla spesa
pubblica o dalle aziende vicine al governo.
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Il settore bancario è in ripresa
Negli ultimi anni, le condizioni del settore bancario sono migliorate, seppure
esista ancora il rischio di nuove sanzioni. Nell’ambito delle istituzioni finanziarie
esistono tuttora differenze significative e la Banca Centrale prosegue nel
processo di riordino del settore. La proprietà pubblica dell’industria finanziaria è
aumentata, raggiungendo il 70%, e a breve non sono previste cessioni. La quota
di crediti in sofferenza è calata, passando da un picco di quasi il 18% all’inizio
del 2018 all’8,4% a luglio 2019. Le sanzioni imposte alla Russia a partire dal
2014 impediscono alle banche di raccogliere capitali nell’UE e in USA e possono
avere un impatto molto significativo a medio e lungo termine sulla capacità di
rifinanziamento delle grandi società e banche nazionali. Le autorità dispongono
tuttavia di risorse sufficienti a sostenere tutte le banche sistematicamente
importanti.
Una combinazione di tagli alle spese reali e di crescita dei prezzi del petrolio si è
tradotta in un surplus di bilancio del 3,0% del PIL nel 2018. Il governo continuerà
a perseguire una politica fiscale conservativa nel prossimo futuro. Nel 2019
e nel 2020 sono previsti surplus annui e il maggior gettito derivante dall’IVA
dovrebbe compensare eventuali disavanzi provocati da una domanda interna
più debole. Si prevede che il debito pubblico rimanga su livelli ridotti, circa il 13%
del PIL. Le misure di spesa sociale annunciate di recente costituiscono finora
soltanto lo 0,1% del PIL e avranno pertanto un effetto trascurabile sulla politica
fiscale.
La Banca Centrale consente le fluttuazioni del rublo: ciò ha un impatto sull’inflazione
in caso di deprezzamento della valuta, ma funge anche da ammortizzatore
per le partite correnti, che dovrebbero rimanere in positivo nel biennio
2019-2020 grazie a un considerevole surplus della bilancia commerciale. Il
debito estero dovrebbe subire un leggero calo nei prossimi anni, fino a raggiungere
il 22% del PIL nel 2023, e dovrebbe rivelarsi piuttosto resiliente nei
confronti degli shock esterni. La ripresa dei prezzi del petrolio si è tradotta in un
aumento delle riserve in valuta estera, che a fine 2018 ammontavano a 16 mesi
di copertura delle importazioni.
Le gravi debolezze strutturali incidono sulle prospettive di crescita a lungo termine
Le prospettive per una crescita più sostenuta e sostenibile a medio termine
rimangono contenute. Le debolezze strutturali (quali la forza lavoro in calo, la
crescita insufficiente degli investimenti, le fragilità istituzionali e le riforme limitate)
e gli effetti negativi delle sanzioni su produttività e investimenti continueranno
a influire sulla crescita, stimata all’1,5-2% annuo nel prossimo futuro.
Il clima imprenditoriale russo è afflitto dall’incertezza sui diritti di proprietà, dalla
debolezza delle infrastrutture di trasporto e dalla mancanza di concorrenza
sui mercati dei beni e dei servizi. Le autorità russe non sono riuscite a cogliere
l’opportunità presentata da anni di profitti insperati per rafforzare la struttura
economica del paese e aumentare il suo potenziale non petrolifero, mancando
di investire saggiamente i proventi petroliferi in altri settori per diversificare
l’economia e allontanarla così dai comparti dominanti del petrolio e del gas.
Esiste un deterrente di fondo per gli investimenti, fortemente necessari per
modernizzare il settore energetico e contribuire a diversificare l’economia. Anche
prima dello scoppio della crisi ucraina, il livello degli investimenti era troppo
basso e gli investimenti esteri diretti troppo limitati, in parte a causa di un clima
imprenditoriale sfavorevole e della salda presa dello Stato su gran parte
dell’economia. La situazione è ora aggravata dalle sanzioni internazionali
imposte dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, tese a prevenire trasferimenti di
tecnologia e finanziamenti alle imprese russe, soprattutto nei settori dell’energia
e militare.
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